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  mercoledì 07 giugno 2006
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Amnistia e indulto. Il punto. Una storia turca che merita attenzione, e per questo non ne avrà

di Gualtiero Vecellio

Amnistia e indulto saranno probabilmente i primi provvedimenti all'esame della Commissione Giustizia della Camera. Per la prossima settimana è fissata la prima riunione dell'Ufficio di presidenza della Seconda Commissione; in quella sede Enrico Buemi (Rosa nel Pugno), che ha già presentato una progetto di legge sull'argomento, chiederà che venga messo all'ordine del giorno proprio il provvedimento sulle misure di clemenza. Anche il Rifondazione Comunista ha  messo a punto una proposta di legge sul tema che verrà depositata oggi. Proprio Rosa nel Pugno e Rifondazione Comunista hanno posto l'argomento sul tavolo in una delle prime conferenze dei capigruppo. Ed ora Rifondazione Comunista annuncia che sta lavorando perché si possa arrivare ad un unico provvedimento di tutta l'Unione.

 

Il presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio, Pino Pisicchio, ha annunciato la sua disponibilità a dare precedenza all'amnistia considerandolo, ha detto, un “tema ineludibile”.

Sul “tavolo” non c'è solo la proposta di Buemi. Ci sono anche due proposte: del Verde Marco Boato (che non fa parte della Commissione Giustizia, ma di quella Affari Costituzionali) che ripropongono quelle presentate nella scorsa legislatura: una prevede un'ipotesi più larga, l'altra è più restrittiva con l'amnistia da concedere per le condanne fino a cinque anni o fino a tre. La proposta di legge Buemi, invece, ipotizza come limite per l'amnistia quattro anni, e per l'indulto due anni. In ogni caso sono esclusi i reati più gravi come terrorismo, associazione mafiosa, pedofilia, concussione.

 

L'esponente della Rosa nel pugno, già autore del cosiddetto indultino nella passata legislatura, punta però ad un esame contestuale di una modifica del codice penale per introdurre sanzioni alternative al carcere per quei reati meno gravi. "Perché se ci fosse un'amnistia - spiega Buemi - ci sarebbe subito un nuovo affollamento delle carceri e quindi bisogna modificare il codice penale introducendo sanzioni alternative al carcere come prassi per quei reati di minor

allarme sociale, così si eviterebbe un nuovo affollamento".

 

Collegato sempre all'amnistia e all'indulto, Boato ha presentato, stavolta in Commissione Affari Costituzionali, un'altra proposta di legge, per una modifica costituzionale del quorum necessario proprio per avere il via libera del Parlamento alle misure di clemenza. La proposta, spiega Boato, è di abbassare il quorum dai due terzi alla maggioranza assoluta dei componenti.

 

Giova qui ricordare, ai tanti collitorti che si oppongono all’amnistia e all’indulto “perché così non si risolvono i problemi della giustizia” (e naturalmente la loro proposta e soluzione si limita a un: “si costruiscano più carceri”), i risultati di uno studio del DAP, il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, reso noto a gennaio: “Analisi statistica del sovraffollamento carcerario”, curato dal MULAS. Vi si dimostra che dei 62mila detenuti presenti nelle carceri italiane oltre la metà (circa 40mila) appartengono a quello che viene definito “un mondo della debolezza e dell’emarginazione” fatto di poveri cristi: per lo più tossicodipendenti e immigrati. La ricerca segnala che in carcere nel 2005 sono entrate circa 89.800 persone. La grande maggioranza sono dentro solo per due leggi: 26.061 reclusi per violazione della (vecchia) legge sulle droghe; e 13.654 per la legge sull’immigrazione Bossi-Fini. Il dato forse più allarmante è che tra questi ultimi ben 9.619 non hanno commesso altri reati che l’aggiramento dell’espulsione amministrativa. Un “non reato” che porta dietro le sbarre da solo quasi diecimila persone.

 

Si è aperto ieri a Istambul il processo contro la giornalista Perihan Magden, accusata di “incoraggiamento al rifiuto del servizio militare” per aver scritto in dicembre un articolo in difesa di un uomo arrestato per non aver voluto fare il servizio militare, Mehmet Tartan.

In caso di condanna Perihan Magden rischia fino a due anni di carcere.Â